«Dobbiamo in ogni modo saper cogliere i segni del cambiamento nella società e anticipare le risposte alle istanze che vengono dalla nuova normalità. Se è vero che dopo la pandemia nulla sarà più come prima, dobbiamo essere pronti ad affrontare la realtà, giocando in attacco e non solo in difesa. Nei mesi del lockdown, tutti hanno avuto modo di constatare il ruolo strategico degli agricoltori, ora dobbiamo fare in modo che nessuno se lo dimentichi e si sappia dare il giusto valore al nostro lavoro».

Così Stefano Rossotto, presidente di Cia Agricoltori delle Alpi, commenta l’indagine sulle spese delle famiglie torinesi nel primo semestre 2020, una rilevazione semestrale realizzata per dare evidenza delle ripercussioni della crisi sanitaria di quest’anno.

Dall’analisi delle spese di 160 famiglie torinesi, a cui è stato anche sottoposto un breve set di domande volto ad indagare eventuali cambiamenti delle abitudini di consumo proprio nei mesi di lockdown, emerge uno scenario non privo di interesse per il mondo agricolo, in quanto il 100 per cento delle famiglie intervistate dichiara che cercherà di diminuire gli sprechi alimentari e, nella quasi totalità (il 98,8%), si ripromette di acquistare prevalentemente prodotti italiani a sostegno dell’economia nazionale.

Diffusa anche la propensione a ridurre gli acquisti nella Grande Distribuzione Organizzata per sostenere i piccoli esercenti (il 60,6%), nonché la scelta di continuare a rivolgersi a piccoli produttori (50%).

«Sono indicazioni – osserva Rossotto – che confermano la necessità di dare sempre più impulso alle scelte di sostenibilità e prossimità che la nostra Organizzazione sostiene con convinzione sia sul versante degli agricoltori, sia su quello dei consumatori».

In particolare, con 2.363 euro mensili, in diminuzione del -6,5% (-162 euro) rispetto al primo semestre del 2019, la spesa complessiva delle famiglie torinesi nei primi sei mesi del 2020 torna ai livelli del primo semestre 2015. Dopo il costante incremento del passato, nel triennio 2015-2017, e la sostanziale tenuta tra il 2018 ed il 2019, i primi mesi 2020 fanno registrare dunque un deciso ridimensionamento. Ma il calo è dovuto esclusivamente ai consumi non alimentari, che scendono anche al di sotto dei livelli del 2015; al contrario, i consumi alimentari crescono (+1%; +4 euro rispetto al I semestre 2019), arrivando a rappresentare il 17% della spesa complessiva (prima era il 15%).

La spesa alimentare raggiunge i 405 euro mensili, con oscillazioni contenute per tutte le componenti, fatta eccezione per i cibi da asporto (+6 euro, +40%) e per carne e salumi (+4 euro).

Aumentano le famiglie che dichiarano una diminuzione del reddito medio annuale. A giugno 2020, il 26,9% degli intervistati ha affermato di aver registrato una flessione del reddito famigliare rispetto a fine 2019 (erano il 18,3% nei primi sei mesi 2019 rispetto al 2018). Il 43,1% degli intervistati ha inoltre evidenziato una diminuzione del potere di acquisto famigliare: nel 2019 la percentuale era dimezzata (20%). Infine, durante il periodo di lockdown e subito dopo, ben il 55% delle famiglie ha denunciato un lieve aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, a cui si aggiunge un 31,9% che dichiara un aumento netto.

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