«Torino è la provincia che detiene il non invidiabile record regionale di danni causati dalla fauna selvatica all’agricoltura. Senza interventi risolutivi rischiamo che parecchie aziende agricole scelgano di non coltivare più i terreni, determinando un abbandono totale di zone marginali. E’ uno scenario che nessuno di noi vuole immaginare, ma che appare sempre più prossimo, a maggior ragione dopo che il nuovo decreto governativo anticovid ha interrotto i piani di abbattimento dei cinghiali, oltre che la stessa caccia».
Stefano Rossotto, presidente di Cia Agricoltori delle Alpi, sintetizza così l’amarezza e l’esasperazione degli agricoltori torinesi che da troppo tempo sono costretti a subire una situazione ormai insostenibile, senza che di fatto siano stati presi provvedimenti che preservino la sopravvivenza delle loro aziende, soprattutto nelle aree montane e maggiormente isolate.
Le misure per il contenimento della pandemia sul territorio ha ulteriormente aggravato il problema: «La “zona rossa” del Piemonte – osserva Rossotto – ci penalizza due volte, in primo luogo perché blocca il canale della vendita dei prodotti agricoli ai locali pubblici che sono costretti a rimanere chiusi e, parallelamente, favorisce il proliferare dei cinghiali che non sono più braccati dai piani di contenimento. Oltre al danno economico, ci tocca la beffa di assistere inermi alla devastazione dei nostri terreni per mezzo di animali selvatici lasciati liberi di agire indisturbati».
Da qui, appunto, la richiesta che vengano riaperti quanto prima i piani di abbattimento dei cinghiali. Un appello che la Regione Piemonte, insieme con la Lombardia, ha fatto proprio rilanciando al Governo l’istanza di rivedere l’interpretazione restrittiva in merito alla possibilità di svolgere l’attività venatoria nelle “regioni rosse”.
In realtà, nelle “zone rosse” il Dpcm consente di svolgere attività motoria in prossimità della propria abitazione e attività sportiva all’aperto ed in forma individuale. Secondo la Regione Piemonte, l’attività venatoria potrebbe dunque essere svolta in totale sicurezza e nel pieno rispetto delle restrizioni imposte da Roma.
«Non si capiscono le diverse interpretazioni date dal Governo ad attività simili tra loro nello svolgimento – dichiara l’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte, Marco Protopapa -; di fatto è stata vietata solo la caccia e senza una reale e plausibile motivazione, senza contare che l’attività venatoria è utile anche a livello ambientale, visto che consente di contenere la proliferazione della fauna selvatica che tanti danni sta generando sia all’agricoltura che alle persone; il blocco di tutta l’attività venatoria avrà ripercussioni serie nei prossimi anni sul contenimento delle specie invasive, la difesa dell’agricoltura e la sicurezza delle persone».
